Agli albori del 1915 l'Italia è una nazione ancora da forgiare. Il popolo è diviso da irriducibili differenze: non c'è una lingua, non c'è un sentimento comune. Gli italiani devono temprarsi in una solida unità nazionale. La soluzione è la guerra, la fucina il campo di battaglia. Più alto sarà il sacrificio, più nobili saranno i risultati.
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A pagarne il prezzo saranno i giovani costretti in un fronte che corre per seicento chilometri, dalle Dolomiti all'Adriatico. Combatteranno in un biancore di pietre e di neve che dura tutto l'anno, saranno uniti nella paura e nell'angoscia, uccideranno. Intorno a loro l'assordante fuoco di sbarramento, l'insostenibile tensione prima dell'«ora zero», l'inferno della terra di nessuno. Luigi Ca-dorna avrà in pugno le vite dei suoi soldati. Il generalissimo che pianifica le offensive infilando un fallimento dietro l'altro, l'aguzzino che con il massacro della fanteria e le decimazioni pensa di rinsaldare l'esercito e mantenere la disciplina. Nel 1919 chi alla patria aveva dato tutto si lascia conquistare dalla «trincerocrazia» di Mussolini e dall'idea che la Grande guerra costituisca il fondamento della nazione. Si prepara così la scena per l'avvento del fascismo. Valorizzando fonti come i diari dell'epoca e le interviste ai veterani, lo storico inglese Mark Thompson con la Guerra bianca restituisce il pathos degli assalti alle trincee, ripercorre con sobrietà e precisione l'epica del fronte italiano, mette a nudo la foga nazionalistica e gli intrighi politici che hanno precedulo il conflitto. Tra le pagine del libro, le esperienze di guerra di una grande generazione di scrittori schierati su fronti opposti: Ungaretti, Hemingway, Kipling, Musi! e Gadda.